Conferenze di architettura, grande interesse e folto pubblico per la serata con Michele Tarroni

In tantissimi per la conferenza di Michele Tarroni dello scorso giovedì 21 marzo, che ha parlato della sua attività presso lo studio londinese Stanton Williams. Prossimo appuntamento il 18 aprile con lo Studio Lelli di Faenza.

 

L’architetto Tarroni ha catturato l’attenzione del numeroso pubblico con una conferenza interessante nelle argomentazioni (trattate in modo “orizzontale”, comprensibile a tutti) e accattivante nel racconto, mostrando dei risultati estetici e funzionali di altissimo livello.
L’iniziativa ha mostrato il punto di vista di un architetto italiano che vive la quotidianità della professione in Inghilterra, e marcato le notevoli differenze tra approcci progettuali e contesti diametralmente opposti. Il racconto dei progetti attraverso la loro genesi completa (dall’idea al cantiere) ha mostrato tutta la distanza esistente tra i due Paesi nel campo dell’edilizia pubblica (dallo sport alla cultura), nella tutela dei beni architettonici, nel ruolo sociale dell’architetto.

Dopo una prima esperienza presso lo studio londinese di Norman Foster nel 2000 (anno del boom edilizio della capitale britannica con agenzie specializzate nella ricerca di architetti) Tarroni torna in Italia (a Firenze) non ritrovando, tuttavia, quel pragmatismo tipicamente anglosassone che aveva appena lasciato. Per tale motivo decide di trasferirsi definitivamente a Londra nel 2006, anno spartiacque della crisi che colpisce istituti bancari e assicurativi, ovvero i principali committenti di architettura contemporanea inglese; tuttavia oltre manica i “grandi numeri” sono riservati anche alla cultura in senso ampio: «il luogo di cultura pubblico – precisa Tarroni – attira finanziatori e ha un immediato ritorno di immagine».

In tale settore emerge lo studio Stanton Williams, presso il quale collabora Tarroni. Lo studio londinese, infatti, nasce nel 1985 specializzandosi in progettazione di gallerie d’arte, architettura universitaria e più in generale in exhibition spaces. Diversa la provenienza dei due fondatori ma riconducibile ancora una volta alla progettazione di spazi culturali. Alan Stanton si forma tra le sperimentazione della Los Angeles degli anni ’70 e il Centre Pompidou come collaboratore di Richard Rogers e Renzo Piano, mentre Paul Williams opera fin da subito presso il Victoria and Albert Museum di Londra dove progetta allestimenti museografici con lo sguardo sempre rivolto all’opera di Carlo Scarpa.

Stanton Williams – prosegue Tarroni – ha sempre avuto un approccio “onestamente progettuale” proiettato sulle persone e non sul progettista, e in questo senso diventa significativo il confronto fotografico tra il Beaubourg e una serie di teatri Inca. Nel primo caso la piazza parigina è punteggiata di spettacoli di strada con il pubblico che crea spontaneamente cerchi attorno alle performance; nel secondo caso “l’architettura cerimoniale” sembra modellare la pietra con lo stesso principio geometrico: le relazioni umane sono l’archetipo dello spazio costruito. Si parte da qui nel racconto dei progetti che nascono con un processo orizzontale nel quale l’architetto deve avere “mani addestrate”. Lo studio Stanton Williams (passato da 25 a 70 collaboratori dall’inizio dell’esperienza dell’architetto Tarroni) ha un’area dei plastici all’interno dei quali il progettista deve metterci la testa in senso letterale, per comprendere e controllare la spazialità che sta progettando.

Prossimo appuntamento con Il ruolo dell’Architettura contemporanea giovedì 18 aprile, sempre presso le Cantine di Palazzo Rava (via di Roma, 117), con lo Studio Lelli e Associati.

 

Di seguito, l’articolo sulla conferenza pubblicato sul Resto del Carlino di domenica 24 marzo 2013.

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